sabato 23 febbraio 2008


La vita di Senior sbrigativamente descritta.

(Lettura sconsigliata ai maggiori)


Premessa.


Senior, un simpatico personaggio che non risulta, da prove inoppugnabili, essere vissuto su questa terra, ha inventato la seguente ripartizione della propria ipotetica esistenza: infanzia, fino ai sei anni; fanciullezza, dai sei ai tredici; adolescenza, dai tredici alla maturazione sessuale; giovinezza, fino alla maturità; maturità, dai quaranta alla vecchiaia; vecchiaia, dai settanta in su.

Infanzia e fanciullezza.

Della prima infanzia Senior ricorda episodi isolati, slegati l’uno dall’altro. Quando ripensa al passato ha l’impressione di assistere alla proiezione di una vecchia pellicola rattoppata, di cui siano andate perdute un numero impressionante di immagini e sequenze.
Senior è infatti vissuto, fin dal giorno della nascita, fuori di questo mondo, ma non sa dove. Nell’ignoto universo in cui si è trovato a trascorrere i suoi giorni, le voci e le immagini di quello reale gli giungevano come un'eco lontana e non lasciavano alcuna traccia.
Pur non disprezzandolo affatto, per carità, non ha mai rimpianto il mondo in cui non è vissuto. All’opposto, esso non gli è dispiaciuto fin dal suo affacciarvisi, ma non lo ha mai capito e lo ha attraversato come un sordomuto o, come si direbbe oggi, un altrimenti udente e un altrimenti parlante.
Gli piacque, in special modo, Giacomo, il gallo che razzolava nel cortile della villetta che abitò a Fossano in viale Bra, una strada allora alberata di cui oggi non resta neanche il nome.
Giacomo si faceva maneggiare come un gatto, ma possedeva una virtù che i felini sognano: quando lo si portava sul balcone e lo si lanciava nel vuoto, planava come un parapendio.
A Senior piaceva la villa. Dal viale Bra si entrava nel giardino attraverso un piccolo cancello, si percorreva un vialetto e si raggiungeva una gradinata di quattro o cinque scalini che portava a un ingresso cui si affacciavano, a destra, due stanze e, a sinistra, il salone.
Il piano superiore era occupato da due o forse tre camere da letto. La facciata era fornita di due balconcini, mentre un lungo balcone ne percorreva l’intera parte posteriore.
Sul retro c'era un cortile delimitato da un portico per il ricovero degli attrezzi, da un frutteto, da un orto e una vigna.
Si poteva accedere al cortile anche attraverso una porta carraia, la quale si apriva su una carrareccia che lambiva un lato della villa.
Fossano compresa - lui era nato a Magliano Alpi - nel corso della sua intera esistenza Senior affrontò, con la famiglia di origine prima e, dopo che si fu sposato, con quella propria, una ventina di traslochi; ma, nella sua fragile memoria, non gli rimane che una traccia labile dei numerosi alloggi che abitò.
La casa di Fossano è una delle tre il cui ricordo gli rimane vivo nella mente e nel cuore. Le altre due sono: quella dei nonni di Dogliani, luogo dove trascorreva le vacanze estive e dove conobbe le prime amicizie, svanite presto come illusioni ottiche perdute nella polvere sollevata dal turbinio dei traslochi; e quelle di Venasca (nel paese della valle Varaita ne abitò tre in rapida successione di tempo, l’una dopo l’altra), dove trascorse otto anni della sua vita, dal millenovecentotrentanove al quarantasei.
Torniamo a Fossano.
Il Senior era molto affezionato ai nonni paterni: lui, un cacciatore accompagnato sempre dai cani Bill e Fritz, lei una signora elegante e ghiotta di cioccolato.
I suoi genitori potevano, a quei tempi, concedersi la persona di servizio. Senior la ricorda come una ragazza giovane che nutriva, però, gusti esclusivi. Con noi fanciulli, per esempio, si esibiva furtivamente nell’esercizio del "mangiafuoco".
Non lo sputava dalla bocca però, il fuoco, come al circo, ma da altra parte. Sollevava la gonna, compiva una torsione del busto e accendeva, con un fiammifero di legno, il gas che usciva silenzioso e compresso dalla parte bassa della sua schiena. Era una bella fiammata. Celebrava quel rito laico nella legnaia, alla presenza del Senior e della sorella, tutti e tre appartati in un angolo protetto dagli sguardi indiscreti e dal vento.
Era una vita serena quella trascorsa a Fossano. Quando ci ripensa, Senior sfiora il ridicolo, perché gli vien da piangere. Di quel periodo gli restano cinque episodi:
• un passero annegato in una pozzanghera dell’orto. Fu quella l’unica volta che lui raccolse la morte nel palmo della mano. Si rammaricò per non aver saputo salvare quel piumino dal fango. Non tentò di ridargli la vita, perché sapeva fin da allora di non essere Dio;
• la visita che il nonno gli rese all’asilo per annunciargli la morte di uno dei suoi cani. Aveva avvertito il bisogno di confidarsi col nipotino, perché sapeva che da lui sarebbe stato compreso. Quel giorno il nonno aveva un aspetto mesto, insolito. Nell’ascoltare la notizia, Senior teneva lo sguardo fisso a una finestrella attraverso cui penetrava, nel pomeriggio invernale, una luce color panna. Dell’asilo - la nostra moderna scuola materna - non gli rimane alcun altro episodio, né alcun volto;
• un aeroplano che volava alto nel cielo. Senior ne seguiva le evoluzioni dal cortile di casa, dove si trovava; si esaltava al rombo del motore e immaginava di essere lui stesso alla plancia di comando;
• un punto luminoso che, nei mattini di sole, penetrava nella camera da letto attraverso una fessura delle persiane di legno. Fissando il punto Senior lo vedeva avvicinarsi lento, ma inesorabile, al suo letto, fermarsi poi a mezza via e tornare indietro. Quel punto splendente ripeteva lo stesso movimento, avanti e indietro, finché non giungeva la mamma e non si portava il piccolo Senior con sé;
• il viaggio di nozze organizzato in suo onore dalla sorella. Di fronte alla villa, di là del viale Bra, sorgeva un opificio (Calce, cemento e gesso? Falegnameria?) nel cui cortile si dipanava una fitta rete di binari a scartamento ridotto, ridottissimo anzi, percorsa nei giorni feriali da piccoli vagoni carichi di merce che gli operai spostavano con manovre a spinta. Le vetture venivano arrestate su piattaforme girevoli, le quali consentivano la ripresa della corsa in una nuova direzione. Nei pomeriggi festivi i figli del padrone dell’opificio - una femmina e un maschio - il Senior e sua sorella giocavano con i mini vagoni: li spingevano e manovravano gli scambi. Un giorno, dunque, la figlia del padrone e il Senior furono sbrigativamente dichiarati marito e moglie, invitati a salire sul predellino di una vettura (a causa delle sponde alte era impossibile penetrare in quella specie di marmitta a ruote) e portati intorno in viaggio di nozze. Egli sperimentò in anteprima l’avventura che avrebbe vissuto molti anni più tardi. Senior immagina che l’evento abbia suscitato una forte emozione nel cuore della bambina la quale, con tutto ciò, al termine della scarrozzata, abbandonò il tetto coniugale e uscì dalla sua vita.

Senior passerà ora in rassegna i pochi documenti scampati al penoso naufragio della sua fatua fanciullezza: le pagelle scolastiche.
Chi le salvò per lui? La mamma, che Senior ringrazia del gentile pensiero.
Non ne possiede la completa serie perché nel periodo fra la prima elementare, il millenovecentotrentotto, e la terza liceo, il millenovecentocinquantadue - anno in cui divenne responsabile in prima persona della raccolta delle carte di proprio interesse - la famiglia affrontò non meno di cinque traslochi; e chi è stato vittima di tali tornado sa che, durante il loro passaggio, i documenti, e non soltanto quelli, prendono il vento.
Ha dinanzi agli occhi la pagella ingiallita della prima elementare, un foglio varato dal Ministero dell’Educazione Nazionale nell’anno XVII dell’Era Fascista.
Sul frontespizio campeggia una M maiuscola; dietro la M si intravede un gladio, dietro il gladio uno scudo e dietro lo scudo, sempre in trasparenza, il fascio littorio. La M è nera, il gladio, lo scudo e il fascio gialli. In basso a sinistra si legge G.I.L., Gioventù Italiana del Littorio.
Senior apre la pagella e incoccia in un paio di sorprese: frequentava una classe mista (una nota in calce chiarisce che la classe può essere maschile, femminile o mista) ed era iscritto alla G.I.L. con tessera n. 498784 (dove sarà finita?).
Legge i giudizi: in Religione era buono all’inizio dell'anno, migliorò in buono più e approdò, infine, a lodevole. La stessa sorte toccò alla Lettura e agli Esercizi scritti di lingua. Nessun progresso fece invece in Aritmetica e contabilità, in Nozioni varie, in Cultura fascista e in Lavori donneschi e manuali, materie queste in cui rimase sempre buono. Anche a quei tempi i preti erano meno severi dei laici. Senior, peraltro, fu lodevole in Disciplina e in Igiene e cura della persona.
Assenze giustificate, dodici. Per influenza? Chi lo sa. Dopo quei primi dodici giorni, godette di un'ininterrotta buona salute fino ai settantacinque anni suonati.
Come si curava l’influenza a quei tempi? Col Chinino dello Stato, vale a dire con delle compresse color rosa, o arancio, di notevoli dimensioni: così parevano agli occhi del fanciullo.
Non gli resta alcun ricordo dell’aula o delle compagne, dei compagni, degli insegnanti e nemmeno di Anna Barbero, la maestra che firmò la pagella, e di Chiaffredo Chiotti, il direttore che appose il proprio visto accanto alla scritta Fossano il 27.6.39, e al timbro tondo della Regia Direzione Didattica.
Ricorda, come in sogno, il cortile interno dell’edificio della scuola in piazza (o via) Vittorio Veneto.
La pagella della seconda elementare - anno scolastico 1939-1940, XXVIII dell’Era Fascista - non appare dissimile dalla precedente. Il numero della tessera G.I.L. è cambiato, essendo il nuovo 553549. Frequentava una classe mista in via alle Scuole a Brossasco, un paese della valle Varaita. Suo padre non gliene parlò mai, ma Senior crede di avere intuito ciò che era accaduto in famiglia.
Oltre la carica di segretario comunale, negli anni tra il millenovecentotrentadue e trentotto/trentanove suo padre aveva forse ricoperto anche quella di segretario politico del partito fascista di Fossano. Contrario all’entrata in guerra, in coincidenza del Patto d’acciaio del maggio millenovecentotrentanove egli fece (accollandosene le conseguenze) il gran rifiuto. Fu trasferito infatti nella valle delle Alpi, dove portò con sé la madre, la moglie e i quattro figli. Suo padre era già mancato.
Nessun ulteriore scompiglio di rilievo, invece, nella mente di Senior. Calma piatta; di quell’anno scolastico, tabula rasa.
Non sono rimasti nel cervello del fanciullo il ricordo di una sola persona, una sola immagine o una pur labile eco degli eventi. Il letargo proseguiva indisturbato.
Senior custodisce nella mente vaghe immagini dell’appartamento che abitò a Brossasco: si affacciava sul cortile del municipio, dove lui si dedicava ai giochi con il fratello e la sorella.
“Può fin dalla nascita un ragazzo dormire così profondamente?” si chiede oggi il Senior. Ogni volta che si pone quella domanda, avverte il capogiro.
Qualche postero, se sarà dotato di sufficiente fantasia e di solide basi psicologiche, svelerà per caso il mistero.
Nell’anno scolastico 1940-1941 frequentò la terza elementare maschile in via dell’Asilo, a Venasca.
Venasca era, a quei tempi, il più importante centro amministrativo e commerciale della valle Varaita. Suo padre vi era stato trasferito perché in quel comune era avvertita la presenza di un segretario esperto.
La famiglia aveva preso alloggio in un minuscolo appartamento, con l’ingresso nel cortile della caserma degli alpini.
Senior si irrigidiva sull’attenti e rendeva il saluto militare a ogni penna che gli apparisse davanti. Non agiva in quel modo bizzarro per patriottismo, ché non ne possedeva ancora la malizia; ma qualche burlone gli aveva promesso in premio, se si fosse comportato così, una automobile a pedali. Senior incominciò dunque, fin all’età di nove anni, a prestare fede alle promesse.
Sul medesimo cortile si affacciava anche l’appartamento di Corrado, un coetaneo con cui strinse amicizia. Durante le novene di Natale si ritrovavano lui, Corrado e il fratello di Corrado, Paolo, nella loro casa, dove inghiottivano con golosità le statuette di zucchero del presepio. L’appetito di quegli anni era più forte del timore di commettere sacrilegi.
Sulla pagella faceva bella mostra di sé il nuovo numero della tessera G.I.L.: 619987.
Anche quell’anno i buoni costellarono il documento.
Dalla seconda elementare in poi, nella materia Esercizi scritti di lingua non si spinse mai oltre il buono più.
Dei compagni di scuola, e dell’aula in cui trascorreva le giornate, nessun ricordo. Si tratta di un caso di intorpidimento mentale precoce. Ricupererà la coscienza di sé stesso nel prosieguo della vita, verso i settant'anni.
La pagella della quarta elementare è andata sfortunatamente perduta.
Quella della quinta non si presenta in forma di pieghevole come le precedenti, ma è un semplice cartoncino. Nell’anno scolastico 1942-1943, XXI dell’Era Fascista, al Ministero dell’Educazione Nazionale difettavano evidentemente i fondi.

La nuova tessera della G.I.L., comunque, portava il numero 561898 e il Senior frequentava una classe maschile a Venasca.
Le materie di studio erano, ovviamente, più numerose di quelle della prima elementare, ma il rendimento non si può dire che fosse migliorato. Nei primi due trimestri la pagella registra un sacco di buoni, mentre di buono più ne annovera ben pochi. Soltanto nel terzo trimestre compaiono dei timidi lodevoli. Nessuna assenza.
Dal millenovecentoquaranta al quarantacinque Senior visse a Venasca. Non ci si illuda: in quel periodo la famiglia compì con successo, entro i confini dello stesso comune, un paio di traslochi. Coprì, dapprima, la distanza di pochi metri: il nucleo familiare attraversò, infatti, la via maestra e occupò un appartamento che offriva maggior spazio e che ancora oggi si può ammirare sopra il caffè della piazza.
Ancora maggior spazio offrì il successivo che si affacciava, di là di uno stretto vicolo, all’alto muro delle prigioni del vecchio municipio.
Riguardo agli abitanti del resto del mondo, l’encefalogramma di Senior rimane piatto. Non gliene vogliano i compagni di gioco di allora. Nessuno può aversela a male con un essere che, se è vero ciò che s'è detto di lui, non sembra più vivo di un tacchino al forno (condito col miele).
Senior non si dilunga a descrivere le avventure vissute a Venasca: sono materia del racconto "Nella valle di smeraldo", cui rimanda i propri tre o sette fan.
Che altro può aggiungere su quel periodo della fanciullezza? Che frequentò le scuole medie a Saluzzo.
Le pagelle sono adesso dei semplici cartoncini. La prima, quella dell’anno scolastico 1943/1944, porta ancora la scritta XXII dell’Era Fascista e dichiara, senza ombra di dubbio, che il Senior non era troppo maturo e, all’inizio dell’anno, nemmeno sufficiente in Italiano scritto.
Il ragazzo partiva da Venasca per Saluzzo su un trenino a scartamento ridotto. Il mini convoglio usciva dalla stazione del paese, attraversava la sede stradale e il ponte sul torrente Varaita e costeggiava la provinciale fino a Costigliole, dove era prevista la coincidenza con il treno a scartamento normale da Cuneo.
Fece il pendolare per l’intero anno scolastico millenovecentoquarantatré-quarantaquattro.
Sulla pagella del secondo anno si afferma che, nel corso del primo periodo scolastico, il ragazzo non frequentò la scuola.
Nel secondo periodo scolastico il trenino era stato sostituito dalla bicicletta che, come la quasi totalità delle biciclette di allora, non era fornita di cambio. Quelle da corsa erano rare, le mountain bike ancora nel seno di Abramo. Con il nuovo mezzo di trasporto Senior copriva ogni giorno la distanza Venasca-Saluzzo superando oltre duecento metri di dislivello (che, al ritorno, erano in salita).
Afferrava il manubrio con mani che, nonostante fossero protette da guanti di lana, non fecero mai pace col gelo invernale o, meglio, infernale della valle. È anche per questo motivo che ancora oggi Senior considera dei superficiali faciloni coloro che gridano pace! La quale non è semplice da conquistare. Le lacrime gli colavano dagli occhi e indugiavano sulle gote, dove diventavano dei ghiaccioli.
A motivo delle gocce che gli offuscavano la vista non si avvide, un bel mattino, che la ruota anteriore della bicicletta si era incastrata nel solco del doppio binario il quale attraversava, in quel punto, la sede stradale. Cadde a terra ma, a differenza delle anfore di olio che precipitino dai ripiani di uno scaffale, non andò in frantumi.
Di quel periodo ricorda un episodio. A Saluzzo era giorno di mercato, e Senior non si accorse che su una delle guide lastricate per carri, su cui muoveva con la sua bicicletta, camminava davanti a sé una donna. Infilò dunque la ruota anteriore fra le gambe della signora e non successe nulla di grave, per fortuna. Si udirono soltanto le rimostranze della femmina e i mugugni del ragazzo, il quale rivendicava il diritto di andare in pace sulla propria pista ciclabile.
Senior giungeva a Saluzzo alle sette o alle sette e trenta, con buon anticipo sull’inizio delle lezioni, e si rifugiava in una latteria il cui gestore aveva contrattato, con il padre, una colazione giornaliera di un pane e di un latte fumante.
Sono questi i pochi ricordi dell'infanzia e della fanciullezza di un essere che visse fuori tempo e fuori luogo.
Il mondo non aveva tratto alcun beneficio, in apparenza, quando Senior vi aveva fatto l’ingresso la vigilia di Natale del millenovecentotrentadue. Non erano accorsi pastori a recare doni. Né lui portò strenne, quando li ebbe conosciuti, ai propri compagni dell’asilo, delle elementari e delle medie; nemmeno al vicino di banco di Saluzzo del quale - come da contrappello giornaliero - ricorda il nome: Ferrus Aldo.
Non offrì nulla neppure ai propri genitori, se si escludono i grossi grattacapi. Ancora più tardi, dopo che la terza età aveva battuto alla loro porta, i due canuti coniugi si ponevano domande su di lui, alle quali non sapevano rispondere.
Non si distinse in alcuna materia scolastica, non tenne comportamento socialmente utile, galleggiò come un pezzo di legno. Visse al margine dei gorghi degli indisciplinati torrenti di montagna, là dove le acque vorticano e creano mulinelli pericolosi anche per nuotatori esperti; non per lui.
Non è tuttavia un essere vile; è pronto, anzi, al cosiddetto sacrificio. Unico dono, questo, che la sua indecifrabile natura abbia messo a disposizione dell’umanità, della famiglia, dei conoscenti e degli sconosciuti.
Nessuno, tuttavia, gli si rivolge per aiuto, né lui lo porge di iniziativa. Non è un filantropo per tutte le stagioni. Anche perché ha in mente il comportamento del boy scout con la nonnina e, più di recente, quello degli animatori con i gruppi anziani.
A dispetto di ciò, dal giorno del suo ingresso solitario nel mondo, gli sembra di avere imparato più di quanto non avrebbe potuto insegnargli l’intero corpo docente della scuola fascista dei suoi tempi, o di quella che oggi chiamano sovietica.

Adolescenza.

Si articola in due fasi.
La prima - che Senior intraprese chiudendosi ermeticamente in sé stesso e al mondo esterno - si avviò contemporaneamente a un nuovo trasloco: quello da Venasca a Santa Vittoria d’Alba, un paese del Roero, dove i genitori avrebbero trascorso sereni il resto dei loro giorni, e dove riposano. Sereni, perché assistiti in modo impareggiabile e amorevole dal fratello minore, mentre il Senior, la sorella e l’altro fratello se ne sarebbero presto andati di casa.
Per le condizioni di vita dell’immediato dopoguerra - quando un nucleo familiare, composto di due impiegati statali e di quattro rampolli di quattordici, tredici, undici e sette anni, campava a stento - al Senior fu trovata una sistemazione a prezzo equo, se non gratuita, a pochi chilometri dal paese, nel collegio dei padri Somaschi.
In un istituto religioso viene, ovviamente, sviluppata l’attività di proselitismo, cui è attribuita un’importanza almeno pari a quella prettamente didattica.
Gli studi di Senior galleggiarono dunque su acque agitate da ricorrenti ondate di fede.
Lui si era in tal modo trasferito da un mondo meschino, di cui era l'unico inquilino, a un altro, dove trascorreva le giornate in compagnia di angeli, santi e della Madonna stessa.
Chi li ha frequentati nei suoi verdi anni conosce il fascino discreto dei preti, il loro mordente sulla gioventù. Del tutto privo di difesa, all’età dei tredici o quattordici anni Senior fu catturato dalle premure e dai riguardi che gli erano rivolti, e dalle coccole che gli venivano offerte non dalle sue coetanee, ma dagli uomini di Dio.
Si arrogò poco per volta il diritto di frequentare le più alte personalità dell’entourage da cui era stato cooptato: gli angeli, che considerava dei compagni di banco; i santi, che tenne in luogo di consulenti qualificati; la Madonna, che promosse a sorella anziana; e, last but non least, alcune fra le sante il cui aspetto fisico era dipinto sulle immagini sacre che le riproducevano quali graziose uri.
In quello speciale ambiente la faccenda dei peccati veniali lo interessò molto, e lui combatté dure battaglie per non cadere in tentazione. Nei casi di caduta ricorreva poi a ogni mezzo, lecito e no, per lavare la coscienza, per farle il bucato.
Si infliggeva mortificazioni corporali: quella di non tossire quando ne avvertiva lo stimolo, per esempio. Con l’impegno quasi ci riuscì e fu il primo a incrinare la verità del detto: “Amore, tosse e fumo non si possono celare a nessuno.”
Oppure quella di non bere acqua. Immaginatevi un adolescente che, in un caldo pomeriggio estivo, soffochi la sete dopo una una partita al pallone!
Leggeva libri edificanti: le vite dei cenobiti, degli eremiti, degli asceti, degli anacoreti, degli stiliti; personaggi di cui ammirava le leggendarie imprese. Soprattutto gli stiliti lo incuriosirono, e Senior rimuginava se non sarebbe stato il caso di diventare anch'egli uno di loro. Non soffriva di vertigini, godeva anzi un perfetto equilibrio, amava la vita all’aria aperta e gli piaceva contemplare il mondo dall’alto.
Ammirava l’aureo libretto (così veniva definito) della Imitazione di Cristo ed era attratto dall'Autobiografia di Santa Teresa d'Avila. Quei due testi lo interessavano più del Vangelo o della Bibbia.
Circondato com'era da un'atmosfera ovattata, sognava anche di giorno.
Trascorse dunque l’infanzia, la fanciullezza e la prima fase dell’adolescenza nel mondo dei sogni, astraendosi dalla vita reale come una navicella spaziale che si allontani da Cape Canaveral.
Nel vasto dormitorio non riscaldato, i vetri delle finestre non opponevano una vera resistenza agli spifferi, e i convittori lottavano tenacemente contro il freddo delle notti invernali. Anche questo involontario esercizio contribuiva, per conto suo, a una dispersione di energie, le quali richiedevano di essere reintegrate. Il padre ortolano chiudeva un occhio quando sorprendeva Senior a raspare la terra dell’orto e a estrarne le dolci, tenere e rosee rape.
In quanto agli studi, in terza, quarta e quinta ginnasio i voti di italiano non andarono oltre il sette meno nello scritto e il sette in orale.

Con grande spasso dei compagni di liceo che, non appena lo ebbero visto e annusato, si erano scoperti colleghi di un extra terrestre, raggiunta la seconda fase dell’adolescenza il Senior fece il suo ingresso nella vita reale.
Le impressioni e i sentimenti del liceale (a quei tempi si chiamava Roberto) sono descritti nel libro "Una Classe - III Liceo 1952 - Bra - Durante e dopo", patrocinato dal compagno di studi avv. G. B. Franco e reso al pubblico nel sito del compagno di classe dr. Giovanni Ferrero, un amico di talento (http://www.giovanniferrero.it). Senior ha contribuito alla confezione del libro con gli articoli "Durante e dopo" e con quelli intitolati "Voce fuori campo".
Per frequentare il liceo, il ragazzo aveva fatto ritorno in famiglia dove, nel frattempo, era mancata la nonna paterna. Nell’ultimo anno di vita lei gli aveva scritto in collegio queste righe: “Oh io prego Gesù prego la Vergine che niun terrore abbia a prendermi al primo indizio della mia morte ma sicura e serena nella fede delle Sue promesse fidente nel Suo perdono mi accolgano Gesù e la Vergine benedicendo coloro che restano nella lotta.”
Devi avere atteso la morte con terrore, cara nonna paterna!
Come l'attenderà Senior? Se con gli anni il cervello non gli si sarà spappolato, la risposta è: in maniera naturale. Amen.

Nell'immediato dopoguerra, come già accennato, sul bilancio familiare di due impiegati statali (il padre era segretario comunale e la madre insegnante elementare) gravava il carico di una diciottenne, un diciassettenne, un quindicenne e un undicenne.
Gli anni del liceo del Senior devono essere stati pesanti per i genitori: egli crede che soltanto nel millenovecentocinquantatré abbiano incominciato a respirare, come si dice, anche se l’aria pare distribuita gratis.
Senior acquisì, in quel periodo, i due vizi che lo avrebbero accompagnato per un buon tratto della vita: bacco e tabacco.
Ricorda con particolare emozione la barbera del parroco che, in casa, si consumava a damigiane. Quel nettare proveniva dalle cantine del mezzadro del teologo, don Domenico Marolo.
Alla fine di ogni mese il padre di Senior spiegava, sul ripiano del tavolo della cucina, una pagina della "Domenica del Corriere", vi scodellava tre o quattro pacchetti di tabacco nazionale da pipa di sapore forte e uno profumato di tabacco estero. Mescolava il tutto con le dita a pettine e distribuiva ai grandi - la moglie e il Senior - le porzioni loro spettanti, accompagnate da un adeguato numero di cartine. Gli altri fratelli non fumavano ancora o lo facevano in nero. La sorella non fumava e non avrebbe fumato mai.
Nel secondo dopoguerra gli italiani coltivavano largamente quel vizio. Per i ragazzi, la prima fumata rappresentava un rito di iniziazione che segnava la fine dell’adolescenza e l’inizio della giovinezza.
Senior perse il vizio all’improvviso, quando un ufficiale medico dell’ospedale militare del Celio, dove si era recato per un controllo, gli diagnosticò un enfisema polmonare irreversibile.
Di bere vino in quantità smodata smise, invece, soltanto dopo i settanta. Senior sospetta che il prodotto della vite non sia esportabile in paradiso, men che meno in purgatorio o all’inferno, dove andrà infine a parare.

Giovinezza e maturità.

Dietro suggerimento e con l’assistenza del padre, non appena ebbe conseguito il diploma di maturità classica Senior cercò un'occupazione. Egli non parlerà, tuttavia, degli eventi della giovinezza e della maturità, perché questi coprono gran parte della vita lavorativa, di cui non vuole trattare.
Si allontanò dunque, nuovamente, dalla famiglia di origine, dove rimase il solo fratello giovane ed ebbe inizio il periodo in cui i genitori iniziarono a respirare.
A ventisei anni scelse la ragazza che faceva per lui, e la scelta fu un frutto del suo fine intuito.
Le separazioni fra coniugi non erano, a quei tempi, fastidiosi e scontati incidenti di percorso. La signora si mostrò paziente e non approfittò di alcune dozzine di buone occasioni per abbandonarlo, andandosene da casa con figli, armi e bagagli, come usa oggi.
Le buone occasioni le sarebbero state offerte su un piatto d’argento dal pessimo carattere del personaggio che viveva al suo fianco, il quale non può portare, a propria discolpa, l’attività professionale in cui era immerso fino alle orecchie, giorno e notte, trecentosessantacinque giorni l’anno. Se lo facesse, sarebbe lapidato dai benpensanti che ai nostri giorni dilagano.
I suoi superiori (oggi che è in pensione Senior non sa, tuttavia, se le cose siano cambiate nell’ambiente dove lavorò) erano esigenti e pretendevano che i propri dipendenti fossero dei superuomini senza se e senza ma. Senior ammette, di conseguenza, di non essere stato un buon padre.
Nella sua professione raggiunse uno status che si può definire buono, ma anche i figli avrebbero avuto ottime ragioni di sospettare fortemente della sua idoneità alla missione che un giovane che si marita si accolla.
Non seppe, se vogliamo esprimerci in linguaggio statistico, coniugare al cinquanta per cento il lavoro professionale e l’incarico di padre.
Incredibili risultati hanno però raggiunto i figli, che si sono dimostrati persone comprensive, affettuose e riguardose nonostante tutto.
Tutto la loro madre.
Parlando d’altro, nei brevi intervalli di tempo libero Senior si dedicava, col sistema del fai da te, alla propria elevazione culturale. Imparò l’inglese da autodidatta ed ebbe la soddisfazione di classificarsi, a un test, il primo… nella categoria dei principianti.
Oltre che all’inglese si applicò a varie attività cerebrali, che gli permisero di combattere la lotta quotidiana contro l’intorpidimento mentale.
Cambiare sede di lavoro è un esercizio necessario, provvidenziale per l’affinamento dello spirito; ma questo sano esercizio ostacolò la coltivazione delle amicizie. Perché viva e cresca l'amicizia richiede infatti, al pari di un tenero virgulto, d'essere innaffiata di continuo; ma lui e sua moglie trascuravano, a ogni trasloco, il loro dovere di socializzare. Rinunciavano a stringere legami a ogni cambiamento di sede consapevoli che, nella nuova città dove stavano atterrando, avrebbero trascorso soltanto un brevissimo spazio della loro vita.
Considerato il fatto che i traslochi si scandivano con frequenza triennale abbandonarono, altresì, l’idea di accendere mutui per acquistare la casa dove avrebbero potuto mettere radice.
Di altro non si trattava, peraltro, che di una delle facce della medaglia della carriera che Senior aveva scelto di percorrere.
Vale la pena spendere una parola sul suo debutto nella pensione. Sebbene fosse consapevole che la quiescenza non gli sfuggiva di mano, in quanto si sarebbe trascinata per tutta l’eternità, egli quel giorno mostrò una forte impazienza.
Spaziando con la fantasia all’aria aperta, dove si sarebbe trovato fra non molto tempo, ascoltò distrattamente le parole di commiato che il suo capo gli rivolgeva. Si sentiva come un frate che, dopo avere pregato per troppi anni, sogni alla fine l’aprirsi delle porte dell’eremo e la fuga.
Il pensionamento fu per lui un ritorno alla giovinezza e gli consentì di rivolgere il pensiero alle proprie radici, esaminandone la natura con calma e attenzione.
Fece per la prima volta la conoscenza di sé stesso ed esplorò il suo io del tempo della lontana giovinezza.
Esso era di natura molto diversa da quella che lui sospettava.
Infatti un virgulto è sempre dissimile dal tronco, ricoperto di corteccia muscosa, in cui il tempo lo ha trasformato.

Vecchiaia.

Quando infine si fu persuaso che avrebbe ancora dovuto compiere su questa terra molte imprese, Senior avvertì che il "tempus fugit". Confidò, allora, che la natura gli desse il modo di realizzare i propri desideri. Con lui si era sempre comportata onestamente, ed egli non vedeva motivo alcuno che dovesse cambiare condotta all’improvviso. Anche la natura, tuttavia, fa ciò che può: pure lei è consapevole dei propri limiti.
Quando Senior si sveglia la notte e il terrore lo assale, lotta contro la grande paura e pensa ai tanti coetanei che, come lui, vengono aggrediti dai medesimi incubi. Solidarizza spiritualmente con il prossimo e si riaddormenta.
Si illude che la fantasia, che aleggerà dopo la sua dipartita come un'effimera scia luminosa, possa in qualche modo essere testimone del suo passaggio su questo mondo.
Ascendendo al cielo - ma l'inferno è forse in alto? per l'inferno si va in su? Non si dovrebbe invece scendere oltre le miniere di carbone, di smeraldi e d'uranio? oltre i giacimenti di petrolio? (all'inferno c'è ogni ben di Dio!) - spera di seminare bolle di sapone che lo seguano, tra ragnetti appesi a fili invisibili, nella navigazione verso l’eternità.
Mentre scrive, Senior compie settantasei anni e il passato è talmente profondo che lo inghiotte. Ora che sta raggiungendo la piena maturità, e perciò teme che la vita stia diventando monotona, gli pare di vedere balenare in fondo al tunnel una fioca luce...